Nella furia di mettere ordine fra gli scatoloni (ne sono ancora sommersa, ma non sono sempre gli stessi: appena finisco di smontarne qualcuno vado a recuperare quelli che sono rimasti a casa dei miei genitori) le sorprese continuano ad emergere. E, siccome è sempre bello lasciarsi ispirare da quello che accade nella quotidianità, oggi parliamo de Il signore delle mosche di William Golding.
Il romanzo in questione era uno dei testi obbligatori per gli esami di Letterature Comparate. Quell’anno, il corso monografico era dedicato al tema Utopia e distopia e così, il professore Domenico Tanteri aveva selezionato tutta una serie di titoli indispensabili a comprendere l’argomento e a conoscerne gli sviluppi in senso diacronico (vale a dire nel tempo), ma anche in senso sincronico (e cioè nello stesso periodo, ma in diverse aree geografiche): a partire da Utopia di Thomas More e fino a Il signore delle mosche, pubblicato nel 1954 (opera prima del premio Nobel per la letteratura nel 1983). So che colui che poi diventò il mio relatore di Tesi, ci segue, e quindi voglio approfittare di questo spazio per dirgli grazie. Perché senza questa lettura in particolare (ma più in generale senza il suo corso e quello che avevo già seguito con il professore Felice Rappazzo) oggi non sarei quella che sono. Non avrei sviluppato questo insano piacere per la comparazione (che ancora oggi pratico nello scrivere la mia Tesi di Dottorato)nato in realtà fra i banchi di scuola (ma senza capire bene cosa stessi apprezzando).
Siamo nel pieno di una non meglio identificata (o identificabile) guerra. Un aereo in viaggio verso l’Australia precipita in mare. Al disastro sopravvive solo un gruppo di studenti inglesi, alcuni membri di un coro musicale, tutti di buona famiglia borghese. La loro unica possibilità è rappresentata da un’isola deserta poco lontana dove, però, i ragazzi scoprono l’esigenza di governarsi con delle regole precise (pur non dovendo subire il controllo degli adulti): per essere organizzati è indispensabile. La loro vita, però, diventa molto in fretta un vero e proprio inferno perché via via che il tempo passa, questi ragazzi – oralmente isolati dalla civiltà contemporanea – cominciano a regredire verso uno stato sempre più primitivo, sempre più selvaggio.
Il protagonista della storia è Ralph che per tutta una lunga serie di ragioni – fra cui la capacità di prendersi cura dei più piccoli – viene eletto come “capo”. Sin da subito, però, emerge la lotta per il potere: l’antagonista di Ralph è Jack… Ma nel breve tempo a questi due leader naturali si aggiunge anche Simone. Le esigenze cui fare fronte sono moltissime – dal fuoco che occorre tenere sempre acceso sulla spiaggia per segnalare la propria presenza sull’isola all’approvvigionamento di cibarie, passando per la costruzione di alloggi e rifugi – e ciascuno dei ragazzi conquista un proprio ruolo.
Ma comincia a serpeggiare la paura. Una indefinibile “Bestia” minaccia l’accampamento. Un mostro, un animale, un demone… Oppure ancora un mostro marino che la notte nuota verso la riva in cerca di cibo. Questo e numerosi altri avvenimenti fanno crescere la tensione fra Ralph e Jack, ormai sempre più intenzionato a prendere il comando. E per convincere tutto il gruppo della sua forza, decide di addentrarsi verso il centro dell’Isola per uccidere la Bestia. Questa prova di coraggio viene imposta a tutti i ragazzi (Castle Rock, potrebbe essere la residenza della Bestia) ma solo Ruggero (alleato di Jack) decide di seguirlo ad occhi chiusi anche se Ralph riuscirà a farli desistere dall’intento: un fatto che fa davvero infuriare Ralph che costituirà una tribù autonoma e separata. Il tutto mentre tutto il gruppo comincia a non preoccuparsi più delle esigenze fondamentali per la loro salvezza: il fuoco sulla spiaggia si spegne, non si accantonano più provviste. Inizia così la discesa verso la barbarie, ma sulla trama non vorrei soffermarmi di più… Se non per spiegarvi la ragione del titolo.
Il Signore delle Mosche, epiteto fenicio di Belzebù, è il nome che Simone dà al totem che Jack ha realizzato con la testa di un cinghiale ucciso durante una battuta di caccia e poi offerto in sacrificio alla Bestia.
L’opera con 14 milioni di copie vendute (nei soli paesi anglofoni) rappresenta in pieno la poetica dell’autore: «L’uomo produce il male come le api producono il miele». Un romanzo inquietante e perturbante… Che in qualche modo mi ha lasciato addosso le stesse sensazioni avute al termine della lettura di Dei bambini non si sa niente. Ma questa è un’altra storia e ve la racconterò la prossima volta.
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(Il signore delle mosche di William Golding, Mondadori, euro 10)