Qualche settimana fa, Maria Carmela, della libreria Vicolo Stretto, mi contatta e mi chiede: “Ti va di accompagnare uno scrittore durante una presentazione?”
La mia risposta non è arrivata subito, ma alla fine sposta una cosa, trova uno spazio, fatta era!!
Il libro da leggere era Neve, cane, piede di Claudio Morandini (Exòrma edizioni). Ad attirarmi è stata, ovviamente, la parola cane, così quando sono tornata a casa con la copia del libro ho detto a Newton (prima ancora di avere letto la seconda di copertina) : “Ci leggiamo un bel giallo che ha come protagonista un cane!”
Diciamo che non avevo capito proprio niente. Chissà perché quelle tre parole, una dopo l’altra, mi avevano dato la sensazione di qualcosa di molto ritmato, di qualcosa che avesse a che fare con la morte violenta e con il sangue, anche se nel titolo di sangue non se ne parlava proprio.
Neve, cane, piede, racconta la storia di Adelmo Farandola, un uomo anziano, che vive su un alpeggio, in totale solitudine. Adelmo Farandola (l’autore usa sempre nome e cognome insieme, quando si riferisce a lui), è vittima della demenza senile, non ricorda di avere fatto una cosa accaduta poco tempo prima. Vive isolato dal mondo nella sua casa di montagna, e con quel mondo con il quale a volte deve avere a che fare, vorrebbe spezzare tutti i ponti. Ad un certo punto, di ritorno dal villaggio in cui si era recato per fare delle scorte per l’inverno, viene affiancato da un cane, un vecchio pastore, un cane senza forma, un po’ come senza forma è Adelmo Farandola, perché Claudio Morandini non li definisce, li lascia sospesi, “in mano” alla nostra immaginazione. Il cane e il vecchio cominciano a camminare insieme, il primo non vorrebbe, l’altro è insistente, non ha di meglio da fare, e poi, ad un certo punto, comincia anche a parlare. Un cane che parla, un cane che parla ed è tutto così normale.
I due sono la storia, sembrano essere la montagna intera. La natura si muove attorno a loro, che sembrano invece tanto statici.
Adelmo Farandola ha scelto di isolarsi dal mondo, nel suo isolamento, quello che in un certo qual modo lo ha reso folle, ma anche libero, ammette questo cane, che diventa quasi il suo grillo parlante e lo fa con le parole che userebbe un cane. L’uomo ha perso la memoria e il cane diventa la sua memoria, gli ricorda le cose, gli suggerisce cosa è bene fare e cosa non fare. La storia piano piano diventa una favola, ha momenti di luce (pochi), e momenti di buio (diversi). L’istinto di sopravvivenza diventa percepibile pagina dopo pagina.
La lettura di questo libro, piccolo, è scorrevolissima. E’ stata bella la scoperta di Claudio Morandini, un autore che prima di Neve, cane, piede non conoscevo. Il modo di gestire i suoi dialoghi tra uomo e cane, ma anche tra uomo e natura rende tutto semplice, nonostante la pesantezza di alcune scene ritagliate all’interno del romanzo. La scelta di non descrivere i personaggi fin nelle loro caratteristiche più intime è la storia stessa.
Di Claudio Morandini, alla presentazione del libro mi ha colpito il bianco della pelle, quasi come quello della neve che descrive. Poi durante la presentazione ho potuto sciogliere una mia curiosità. Sebbene il cane del libro, me lo ero immaginato un po’ più come un cane di mannara (uno di quei pastori che abitano la nostra Sicilia), sulla copertina c’è un beagle, che annusa una buca in mezzo alla neve. Il cane della copertina si chiama Cinque, ed è uno dei cani che, a quanto pare, vivono la redazione di Exòrma, un po’ come Newton fa con l’ufficio di Karma Communication. Ciao Cinque 🙂
(Neve, cane, piede/ Claudio Morandini/ Exòrma/ pp 144/ € 13,00)
Mari