Qualche giorno fa – per tutta una serie di motivi che vi risparmio – mi sono trovata a dover lavorare da casa. «Bello», direte. E invece no. Ma facciamo un passo indietro.
Sebbene ci si sia trasferiti in febbraio, in casa non ho avuto il tempo di concepire uno spazio dedicato allo studio/lavoro… E lavorare sul tavolo da pranzo non è piacevole, perché nel corso della giornata ti trovi a dover smontare la tua postazione. Inoltre, considerato che in casa stiamo davvero pochissimo, non abbiamo mai deciso nulla circa la rete internet (tanto, in caso di “emergenza”, c’è sempre un telefonino che può fungere da hotspot). Marzio ha però definito una rete WiFi interna che non appena lui entra a casa si aggancia al suo telefono e rende operativa la rete (bello, no?).
Solo che non so perché… Ma questa rete e il mio Mac e il mio iPhone vanno spesso in conflitto (e non fatene una questione Windows vs. Apple, visto che il problema è solo ed esclusivamente mio). Niente di grave, solo piccole scaramucce. Basta un reset qui e un altro là e tutto torna a posto. Ma quel giorno no. Quel giorno proprio non ne voleva sapere. E allora Marzio ha cominciato a operare il mio Mac e siccome in quei casi preferisco non assistere (perché ho sempre l’ansia che qualcosa vada storto) ne ho approfittato per mettere mano a un’altra scatola (non finirò mai!). E mentre catalogavo e dividevo sapientemente, mi sono capitati in mano 2 ricordi di quelli bellissimi, ispiratori dei miei prossimi post, che soprattutto mi hanno fatto riflettere sui tanti motivi per cui, sebbene riconosca senza alcuna resistenza gli innumerevoli vantaggi di un e-book reader, amo la carta e preferisco i libri di carta.
Ça va sans dire, che questo post sottende tante altre riflessioni stimolate dal dibattito (che ha coinvolto tantissimi blogger) anche sui social sul tema del doppio binario per l’aliquota Iva sui libri: ridotta per quelli stampati su carta, normale per quelli pubblicati su supporti differenti dal cartaceo. Anche noi Matte da Leggere pensiamo che #unlibroèunlibro indipendentemente dalla “confezione” in bit o su carta: il supporto o le proprietà del libro non giustificano l’applicazione selettiva delle aliquote Iva.
Ad ogni modo, ecco la mia personale Top Three:
1 – Ogni libro nasconde ricordi. Ed la carta crea l’occasione del ricordo. Quando ti capita in mano un volume che hai letto, la tua mente ricorda il libro e poi comincia a vagare incontro ai ricordi che ti legano a quel libro. Chi te l’ha regalato/prestato/consigliato? Quando lo hai comprato? Perché lo hai scelto (se lo hai acquistato tu stessa)? UN po’ come per le fotografie stampate o conservate su un hard disk
2 – Sui libri di carta si lasciano segni. Piccole orecchie (se appartenete a quella fascia di persone), frasi sottolineate (o ricopiate in fondo al romanzo), fiori secchi (se anche voi amate leggere all’aperto). Oppure ancora, dediche. Tutti questi segni sono memorie.
3 – Sarà banale, ma è la carta stessa. I suoi profumi, le sue componenti tattili, delle singole pagine, dei fogli sotto le dita che ti danno la misura di dove sei arrivato, la copertina, le illustrazioni (che si apprezzano molto più stampate).
E voi? Che segni lasciate sui vostri libri? O siete dei puristi? Quali ricordi vi sono capitati in mano recentemente? Quanti ne avete costruiti in questi giorni?
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