C’era un tempo in cui non appena usciva un libro di Jeffery Deaver correvo a comprarlo e da quel momento in poi non passavano più di tre giorni prima che io scoprissi chi fosse l’assassino per poi riporre il libro in libreria soddisfatta. Ecco quel tempo mi sa che è finito e sto ancora cercando di capire perché.
Ieri sera ho finito La stanza della morte, l’ultimo di Jeffery Deaver (Rizzoli Libri). Volete sapere quanto ci ho messo? Quasi un mese e mezzo. Ebbene si!!!
Tanto per cominciare è rimasto sulla mia scrivania per giorni, prima che mi degnassi di leggerlo, poi ho cominciato a farlo mentre ero impegnata con altre letture e visto che non mi prendeva l’ho cominciato a relegare al secondo posto. Però devo ammettere che inizialmente a Deaver e al suo La stanza della morte avevo riservato il posto d’onore: la sera a letto, senza avere troppo sonno. Quindi le opzioni sono due, o almeno sono due quelle che mi vengono in mente. La prima è che è cambiato qualcosa nello stile di scrittura di Deaver che non me la rende più accattivante (c’è da dire che recentemente ho scoperto una cosa terribile, e cioè che Deaver, come del resto faranno tutti i grandi scrittori, fa scrivere la maggior parte dei suoi libri a dei ghostwriter che si smazzano il lavoro di ricerca e tutto, poi lui da un’aggiustata finale, ma il grosso non viene dalle sue mani); la seconda è che è cambiato qualcosa nei miei gusti personali di lettura e forse è il momento di dedicarsi ad altro. Non so quale sia la più corretta, ma il risultato non cambia.
Detto questo…
Ne La stanza della morte i protagonisti sono Lincoln Rhyme e la solita squadra che gira attorno al detective paraplegico nato dalla penna di Deaver, Sachs, Tom, Sellito, Pulansky, etc etc, più un super mega cattivone o, in questo caso, più cattivoni messi in uno stesso libro. La storia è complicatissima, nel senso che è pronta a cambiare ad ogni capitolo. Stavolta bisogna indagare sul delitto di un cittadino americano avvenuto alle Bahamas. Sembra che l’uomo, Robert Moreno, sia stato ucciso dal governo degli Stati Uniti perché stava per mettere in atto dei piani terroristici contro il suo paese d’origine. Ad indagare con la squadra di Rhyme, che in questo libro muove un braccio quasi senza problemi, c’è Nance Laurel, un viceprocuratore che vuole inchiodare chi ha fatto fuoco su Moreno uccidendo anche la sua guardia del corpo e un giornalista. Anche stavolta, come era successo in atri libri, Rhyme si mette in viaggio per andare a scoprire la scena del delitto, mentre Sachs rimane a New York: è come se il libro si sdoppiasse, perché le piste sono esattamente due. La particolarità de La stanza della morte è la figura del killer, un uomo che uccide senza pietà ma che ha una passione innata per la buona cucina. Mentre si prepara a scuoiare vive le sue vittime, l’uomo immagina i prossimi piatti che cucinerà. E come era già successo con Sarò la tua Ombra, quando Deaver aveva invitato i lettori a cercare le canzoni presenti sul libro sul suo sito, le ricette del killer si trovano su www.jefferydeaver.it
(La stanza della morte/Jeffery Deaver/ Rizzoli/ pp 594/ €18,50)
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