Quant’è bello stare al CUB – Castello Ursino Bookshop e potermi dedicare alle letture che mi ispirano sul momento. Probabilmente, questo romanzo, avrebbe potuto scriverlo mia sorella… Perché se una sorella cattiva c’è, quella sono certamente io (almeno nella sua testa). La sorella cattiva di Véronique Ovaldé mi ha attratta subito e ho fatto bene a sceglierlo perché, dopo averlo iniziato, mi ha letteralmente tenuta incollata alle pagine.
Il romanzo racconta la storia delle sorelle Väätonen che, avendo solo 10 mesi di differenza d’età, sono costrette a trovare un modo per differenziarsi l’una dall’altra. Questo sebbene in realtà siano diversissime, nell’indole, come nell’aspetto esteriore. Maria Cristina, la più grande, capelli neri e occhi da volpe del deserto, mento appuntito, pelle diafana e scheletro da uccellino diventerà una scrittrice di successo; Meena, la più piccola, bionda fiammante, femminile (anche se in maniera forse grossolana e indefinita) è invece perfetta per allevare renne nella tundra.
Maria Cristina e Meena sono nate in Canada, a Lapérouse, un paese sperduto fra i boschi. Solo che Maria Cristina a un certo punto della storia fugge. Fugge da un luogo che non le appartiene, da una madre severa, bigotta, psicotica e “folle” (visto che è terrorizzata dal demonio), da un padre lappone nomade, che ha tentato di sfuggire al proprio destino ed è piombato in una non migliore alternativa che lo ha reso depresso e da una sorella impazzita (anche per colpa sua, per colpa dell’incendio che ha causato). Quando fugge, Maria Cristina ha 17 anni. La meta che la attende è la California, esattamente l’opposto del suo paese di nascita: Santa Monica, la città che la accoglie, è grande, solare, sull’oceano… Ma la solitudine che la affligge è infinita. Rifugiata nella casa che divide con una coinquilina che sta per partorire un figlio di cui non sa chi sia il padre, Maria Cristina si innamora di un famoso scrittore in odore di Nobel, Rafael Claramunt, che da ambiguo seduttore quale è, ne fa la sua giovane amante. E’ in questo contesto che Maria Cristina dà alla luce il suo primo romanzo, La sorella cattiva appunto, che racconta la sua triste storia e che la renderà rapidamente una scrittrice ricca e relativamente famosa. Un mondo che Maria Cristina desidera e del quale scoprirà le luci e le ombre… A partire dal fatto che Rafael tenta di spacciare il suo romanzo per proprio (ed è solo merito dell’editor che si rende immediatamente conto che non può essere lui l’autore di quella storia se il romanzo vede le stampe col nome di Maria Cristina, consegnando a Claramunt il lauto compenso di procacciatore del manoscritto). A un certo punto, però, la madre le chiede di tornare a casa, di far ritorno alle origini e a casa, per occuparsi del figlio della sorella (di cui ignorava persino l’esistenza). E Maria Cristina decide di partire e di affrontare tutto quello che è connesso a questo ritorno, perché lei è la sorella cattiva che deve fare i conti con la verità. Quella telefonata inattesa lascia col fiato sospeso: rumori di fondo… E Maria Cristina intuisce chi c’è all’altro capo della cornetta. Sono passati anni da quando non parla con la madre Marguerite – nove da quando non la sente… venti da quando è andata via – e certo non si aspettava di essere investita da tutta quella vita che sconosce.
Un ritmo incalzante che ci si aspetterebbe narrato in prima persona e che invece è raccontato da una voce fuori campo, neutra di fronte ai grandi drammi che Maria Cristina ha dovuto affrontare e alle scelte coraggiose che ha dovuto fare: all’inizio quella di partire, alla fine quella di tornare indietro nonostante tutti i dubbi, le preoccupazioni e le incognite. Una storia che contiene tante storie: quella della sgangherata famiglia Väätonen, quella dello scrittore, quella di Maria Cristina, che credeva che bastasse scappare per essere libera, della sua insicurezza e della sua solitudine, quella della sorella alla quale non si sa cosa sia successo né dove sia finita. Un viaggio on the road perché non si può fuggire da quello che si è, e non si può sfuggire neanche ai luoghi e alle persone che ci hanno dato la vita, perché la vita raramente assume le forme conferite dai desideri e dai sogni e spesso si prende gioco di noi.
Bellissime poi, le riflessioni sul significato dello scrivere, sul “mestiere” dello scrittore sulla necessità della letteratura e sui rapporti che legano lo scrittore al lettore (anche se questo è inevitabilmente uno sconosciuto misterioso).
Carla
(La sorella cattiva di Véronique Ovaldé, Minimum Fax, pag. 264, euro 15)