Ok, per scrivere la vera e propria recensione di questo romanzo ho impiegato davvero un secolo. Considerato il fatto che la presentazione si è tenuta martedì pomeriggio, nelle mie intenzioni, infatti, c’era proprio quella di restituirvi le sensazioni ricevute non solo dalla lettura del libro, ma anche dall’incontro con l’autrice a caldo… Ma non ci sono arrivata. Almeno non fino ad adesso. Quindi veniamo a La miscela segreta di casa Olivares (Mondadori) di Giuseppina Torregrossa, a beneficio di chi non ha potuto partecipare alla presentazione-degustazione alla Libreria Cavallotto di Corso Sicilia.
Diciamo subito che Giuseppina ha un viso (e un sorriso) talmente aperto, che al semplice primo sguardo, ci siamo prese (e capite) subito. Lei, palermitana ma trapiantata a Roma, è medico e mamma… Non solo di tre figli, ma anche di sei libri, alcuni dei quali fanno già parte della mia personalissima biblioteca: L’Assaggiatrice (Rubbettino), Adele (Nottetempo), Il conto delle minne, Manna e miele, ferro e fuoco, Panza e prisenza e adesso anche del libro di cui stiamo per parlare (tutti per Mondadori).
La miscela segreta di casa Olivares è ambientato nel cuore di Palermo. Fra le vie dell’intricato centro storico, sorge la Torrefazione Olivares tenuta in vita dal costante pulsare di Orlando, il forno della torrefazione, un drago fiammeggiante che dalla mattina alla sera tosta i chicchi di caffè spandendone per le vie cittadine il profumo intenso e gli inebrianti aromi. Il naso del titolare della torrefazione, Roberto Olivares, è talmente fino da saper individuare anche le note più nascoste di ogni chicco, i suoi occhi sono capaci di riconoscere le malattie e i difetti dei chicchi… Ma Roberto, senza la sua Viola (la moglie), non sarebbe nulla. E’ a lei, infatti, la Principessa (come tutta la città la chiama) che ha il compito di prevedere le azioni più importanti dell’azienda di famiglia, come gli acquisti e le scorte; compito che Viola compie grazie a una sua dote speciale, quella di saper leggere i fondi del caffè. Viola è una caffeomante, il suo nome (come del resto anche tutti gli altri nomi delle donne di casa Olivares) incarna le caratteristiche proprie del suo carattere e del suo fisico. Viola è solo una dei protagonisti di questo romanzo del quale ho apprezzato in maniera particolare la capacità dell’autrice di mostrare e di permettere davvero al lettore di vedere la storia che sta raccontando e la prosa che nella sua ricercatezza stilistica genera un interessantissimo accavallarsi di campi semantici e (grazie soprattutto alle sinestesie e alle metafore), un magico mescolarsi del genere umano col mondo del caffè.
Il romanzo copre un arco temporale abbastanza lungo che passa attraverso la Seconda Grande Guerra. Palermo, a un certo punto della storia è un teatro di macerie. Ma questa è Storia (e dunque non vi sto rovinando nulla della trama). La vita per la famiglia Olivares scorre lieta, nell’abbondanza e nella certezza che il futuro non riservi sorprese. Viola, sensuale e saggia matriarca, lo prevede… Ma il cambiamento avverrà quando Viola prevedrà anche l’inizio della guerra che strapperà la giovinezza ai ragazzi della famiglia Olivares. La II Guerra Mondiale cambierà il destino della famiglia Olivares, in particolare quello di Genziana, figlia di Roberto e Viola. Genziana (proprio come le genziane di montagna) è un fiore forte e prezioso che vive il suo passaggio verso l’età adulta proprio mentre la Guerra squassa l’Italia: non appena ha il “diritto” e l’età per assaggiare il caffè, comincia il razionamento. Genziana ha la pelle scura come un chicco di caffè; alla sua nascita Roberto Olivares resta perplesso dal colore di “Chicchicedda” (questo il nomignolo affettuoso con cui Viola “battezza” la sua piccola) ma il profumo inebriante della sua pelle conquisterà i recettori olfattivi di Roberto che chiamerà la più pregiata e armoniosa miscela della Torrefazione Olivares proprio “Miscela Genziana” (che profuma proprio come la pelle della picciridda). I bombardamenti hanno raso al suolo Palermo, i suoi palazzi nobiliari, le chiese, i rifugi anti-bombe costruiti con troppa fretta e con materiali scadenti. Genziana dovrà trovare il coraggio di cercare la propria via e la forza di ricostruirsi come persona, come adulta, nell’affermazione della propria individualità e del voler plasmare la propria sorte.
Il romanzo è percorso da polarità opposte: la debolezza e l’orgoglio, il maschile e il femminile, l’arabica e la robusta… Uno scenario di sentimenti e metafore che accompagnerà Genziana nel compiere il suo cammino affiancata da una folla di personaggi umili, ma capaci di una profonda umanità, come Giovanni, la donna venuta dal nord, Medoro…
Ma non soltanto. Insegna l‘importanza della memoria, della libertà e del respiro (che segna il tempo della vita – e anche della lettura). Diviso fra cronaca di guerra e narrativa famigliare il libro è il racconto di desideri, scoperte e privazioni. Della rinascita dalla guerra, del destino della Torrefazione Olivares.
Il caffè domina tutta la narrazione, impregnando con i suoi profumi tutta la lettura che si presta si a una “semplice” esperienza estetica (data dall’ottima cura stilistica) sia a una di tipo multisensoriale: si annusa la fragranza dei chicchi di caffè prima e dopo la tostatura, si ascolta il borbottare della caffettiera il rimbalzare dei chicchi sputati fuori dalla bocca di Orlando . E il caffè (o meglio la sua privazione) è la declinazione delle privazioni della guerra, ma quei chicchi profumati e oleosi sono anche una metafora di crescita personale e, per Genziana, la misura del rapporto con il padre che le ha sottratto il segreto della miscela che porta il suo nome e che per anni le ha negato anche il sogno di essere lei l’erede della putìa. Sarà lo sforzo di Genziana per scoprire la formula della miscela che porta il suo nome che darà il ritmo alla seconda parte del romanzo, prima scandito dai tempi delle letture dei fondi, degli acquisti e della lavorazione del caffè, poi dalla presenza dei militanti fascisti che cominciano a visitare la torrefazione… Ma soprattutto dal rapporto di reciproca contaminazione tra essere umano e caffè: Genziana, Chicchicedda, scura come un chicco di caffè verrà descritta nel suo divenire adulta come un chicco appena tostato; Orlando, il forno, il drago che mastica i chicchi… è l’immagine con cui si apre il romanzo: più un uomo che un apparecchio, ma in un punto chiave del romanzo si farà donna. Ma se volete sapere che cosa succede… Sappiate che non lo scoprirete in questo post 🙂
La conversazione con l’autrice è stata piacevolissima e si è mossa dal racconto dell’ideazione e stesura del libro, alle relazioni che lei stessa ha intessuto con i suoi personaggi (lei, Giuseppina, è un po’ Viola – che rappresenta la madre che vorrebbe essere – e un po’ Genziana), passando per gli studi che ha dovuto compiere per riuscire a entrare nel mondo del caffè (dalle tecniche di torrefazione alla caffeomanzia, alla dialettologia siciliana… visto che il romanzo ha un’appendice dedicata al dialetto palermitano, quello vero) e per la narrazione storica di un periodo nero di Palermo, e più in generale della Storia d’Italia. Ultima nota circa la presentazione. Le libraie hanno avuto la sapienza di accostare alla presentazione del libro anche una degustazione di caffè dell’antica Torrefazione Tortorici, nata a Catania nel 1928… La conclusione del pomeriggio non avrebbe potuto essere migliore: caffè eccellente e deliziosi pasticcini al caffè. Si poteva chiedere altro?
C
(La miscela segreta di casa Olivares di Giuseppina Torregrossa, Mondadori, pagg. 336, euro 18)