Nell’ultimo mese mi sono dedicata a diverse letture, ognuna legata ad un contesto diverso, e naturalmente ho letto il libro che era stato scelto per C(L)UB, il gruppo di lettura che una volta al mese di riunisce al CUB – Castello Ursino Bookshop, Jane Eyre di Charlotte Bronte.
Giuro, non lo avevo mai letto. Il film, nella versione diretta da Zeffirelli, lo avevo visto diversissime volte, così pensavo di sapere tutto sulla storia di questa bimba/donna che cresce nell’Inghilterra vittoriana, un’epoca difficilissima per le donne, soprattutto se sole. Eppure, quello che mi sono trovata tra le mani, è stato un libro per certi versi differente, senza parlare del fatto che, come al solito, una volta iniziato l’incontro con il gruppo ho scoperto le altre dieci interpretazioni che se ne potevano dare. E’ fantastico. Se non fate ancora parte di un gruppo di lettura vi prego: trovatevene uno e partecipate attivamente, un’esperienza incredibile.
L’incontro lo abbiamo concluso con una determinazione: il personaggio di Jane, apparentemente così freddo, ha scaldato i nostri animi moltissimo, perché per un’ora non abbiamo fatto altro che tirare fuori pezzi di libro, eventi, scomporli insieme, interpretarli ognuna a modo proprio (siamo tutte femminucce), per raccontarci una storia che, solo in questo modo, è stata completa fino alla fine.
La storia, se non la conoscete, è raccontata direttamente da Jane Eyre, prima bambina e poi donna. Jane rimane orfana da piccolissima e la zia, che dovrebbe prendersene cura dopo averlo promesso al marito sul letto di morte, non fa altro che tenerla distante dai suoi figli, emargirnarla, umiliarla. I maltrattamenti sono quotidiani, fino a quando la piccola Jane non decide di ribellarsi, tanto da fare sì che per la paura di quella reazione la zia decide di allontanarla totalmente dalla sua casa. Per lei viene scelto un istituto per orfane dove la vita è durissima, ma che Jane non esita a preferire a quella casa in cui non si è mai sentita amata. Jane prosegue gli studi fino a quando non padroneggia perfettamente tutte quelle arti per le quali diventerà, nello stesso istituto, una insegnante stimata. Questo fino a quando non viene chiamata come governante a casa dei Rochester, a Thornfield Hall, dove vive una bimba, Adele, anche lei orfana e adottata dal padrone di casa, Mr Rochester. Qui Jane si divide tra la bambina e un rapporto strano con lo stesso Mr Rochester. I due si innamorano fino ad annunciare il matrimonio, impedito da un evento terribile che ha il suo epilogo proprio il giorno in cui dovrebbero essere celebrate le nozze.
Con la trama mi fermo qui, ma posso dirvi che Jane è un’eroina che, nonostante gli stenti in cui deve vivere più e più volte nella sua vita, riesce comunque ad emergere e a trovare la sua strada.
Le riflessioni da fare (e che abbiamo fatto al C(L)UB) su questo libro sono diversissime. Tanto per cominciare vi svelo una curiosità. Ho letto il libro in un’edizione recente pubblicata da Newton Compton. Abbiamo scoperto che in edizioni di molto precedenti alla mia il nome di Jane era stato tradotto in italiano, Gianna. Terribile questa usanza che fortunatamente non esiste più.
Il libro ci ha fatto riflettere, tutte, sulla condizione della donna nei secoli. Il trattamento che la società vittoriana riservava alle donne, considerate quasi come merce di scambio, non è dissimile a quello che è stato riservato alle nostre donne e che ancora oggi resiste in alcune sacche della nostra società.
Charlotte Bronte ha raccontato molto della sua vita in questo libro. Nata in una famiglia numerosa, anche lei è rimasta orfana della madre in giovane età. Passò parte della sua vita insieme alle sorelle in un istituto religioso, insieme alle sorelle; qui le condizioni di vita erano terribile a causa del vitto insufficiente e delle condizioni igieniche assolutamente inadeguate in cui erano costrette a vivere le sorelle. Anche Charlotte, per alcuni anni fece la governante in alcune ricche famiglie inglesi.
(Jane Eyre/ Charlotte Bronte/ Newton Compton/ € 3,90/ pp 416)
Mari