Dice un detto, “Beata ignoranza!”. Invece a me è proprio caduta la mascella in giù quando, qualche giorno fa scorrendo le offerte sul prezzo di copertina di molti libri su uno store online (perché fa davvero tropo caldo per uscire e andare in libreria, soprattutto se bisogna spingere un passeggino che complessivamente – bambino e carrozzina – pesa più di 15 chilogrammi… E quindi, sì, anche io ho ceduto al fascino del web complice anche la mia carta di credito nuova di pacca) quando mi sono resa conto di non aver mai saputo una cosa. Giravo fra queste offerte e mi è capitato sotto gli occhi “Il curioso caso di Benjamin Button” di Francis Scott Fitzgerald… Mentre io pensavo che fosse solo un film (e anche che lo sceneggiatore fosse una specie di genio).
Il film, immagino, lo abbiate visto tutti. E’ del 2008 e lo ha diretto David Fincher. Ha avuto un milione di nomination e ricevuto almeno un altro milione di premi (fra cui anche tre Oscar). Il protagonista è un meraviglioso Brad Pitt.
Quello a cui non avevo mai fatto caso è che il film fosse tratto da un racconto di Francis Scott Fitzgerald di genere fantastico-filosofico del 1922, scritto per la rivista Collier’s e poi incluso nella raccolta “Racconti dell’età del jazz“. Che imbarazzo! Io pensavo di aver letto l’opera omnia dello scrittore e sceneggiatore statunitense… E invece, mi ero persa più di un pezzo: e questo, in particolare, è grave visto che l’autore lo considerava il suo racconto più divertente.
Ad ogni modo, la storia è nota: e inizia nel 1860 quando, per un inspiegabile scherzo del destino Benjamin Button nasce con l’aspetto di un ultraottantenne. Via via che gli anni passano, Benjamin ringiovanisce fino a diventare un neonato cui una baby sitter insegna a parlare. Non importa perdersi nei dettagli di ciò che avviene lungo il percorso a ritroso del protagonista… E’ importante sapere però – come scrive lo stesso Fitzgerald nella nota introduttiva del racconto – che il racconto fu ispirato da un’affermazione di Mark Twain con l’intento di dimostrarne la tesi. Secondo lo Twain, al secolo Samuel Langhorne Clemens, è un peccato che la parte migliore della nostra vita venisse all’inizio e la peggiore alla fine. Finito il racconto, però Fitzgerald scoprì che anche Samuel Butler aveva pensato un intreccio quasi identico. Non solo, secondo alcuni studi compiuti proprio in occasione dell’uscita del film, il racconto degli scrittori americani è stato ispirato da Storia di Pipino nato vecchio e morto bambino del poeta crepuscolare torinese Giulio Gianelli.
Se non volete leggere tutta la raccolta delle storie brevi di Fitzgerald, o anche solo il singolo racconto che potete scegliere in diverse edizioni una anche con testo originale a fronte (Leone editore) o illustrata (da Carl Brown per Donzelli), potete approfittarne per leggere “Il curioso caso di Benjamin Button” sotto forma di graphic novel, 128 tavole in bianco e nero di Kevin Cornell (Guanda).
Io vado a nascondermi almeno finché non mi arriva la raccolta “Racconti dell’età del jazz” (anche in questo caso disponibile in diverse edizioni). Anche perché, quello di vivere una vita al contrario è sempre stato il mio desiderio.
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(Il curioso caso di Benjamin Button di Francis Scott Fitzgerald)