Matti da leggere per davvero. Con il passare degli anni, dei mesi, dei giorni, ci convinciamo sempre di più di una cosa: le statistiche dicono che gli italiani non sono un popolo di lettori, eppure c’è tantissima gente che legge che lo fa con passione e che quotidianamente incontra mondi fantastici che qualcuno ha immaginato e descritto. Storie che fanno sognare insomma, come quella che ci racconta oggi Patrizia Andreoli, la Matta per le Matte di questo martedì di settembre.
Qualche anno fa esplose il successo di un film intitolato “Il cacciatore di aquiloni”. Quel titolo mi incuriosì subito. La mia passione per il cinema mi spinse a cercare immediatamente il primo spettacolo utile nel cinema vicino casa. Non prima però di aver spulciato qua e là e aver appreso che la pellicola era tratta dall’omonimo romanzo di Khaled Hosseini. Diedi una veloce lettura alla trama e decisi che “Il cacciatore di aquiloni” era una di quelle storie che bisognava farsi raccontare dalle pagine di un libro…
Il romanzo ritrae la Kabul di quarant’anni fa e racconta di Amir che vive assieme al padre con Alì e Hassan, loro servitori. Quest’ultimo oltre al fatto di essere il miglior amico di Amir è anche il suo compagno di giochi preferito. I due bambini dedicano intere giornate ai famosissimi “combattimenti con gli aquiloni”. Sarà proprio questa smisurata passione in comune, però, ad interrompere la loro amicizia, soprattutto dopo l’arrivo dei russi a Kabul. Alì ed Hassan scappano in un altro paese afghano, mentre Amir e il padre fuggono negli Stati Uniti.
Nonostante la lontananza dalla patria d’origine, Amir riesce a farsi una famiglia e a trascorrere una vita felice fin quando un giorno arriva una telefonata ad interrompere questa serenità. Costretto a tornare in Afghanistan, Amir dovrà fare i conti con il passato. La Kabul che ritrova è molto cambiata, non assomiglia più alla città in cui ha trascorso la sua infanzia e il cui cielo era colorato dallo sfarfallio di centinaia di aquiloni.
“Il cacciatore di aquiloni” racconta una storia di amicizia, di quelle che capitano una volta nella vita, di quelle che ti segnano per sempre. Un rapporto indissolubile legato al filo di un aquilone che sembra non debba spezzarsi mai. Sembra. Quell’aquilone infatti viene squarciato in pieno da una ferita che marchierà in maniera indelebile la personalità di Amir e di Hassan. I due bambini crescono insieme, inseparabili, in una Kabul già popolata da problemi e ingiustizie ma in cui è ancora possibile un’infanzia felice.
Amir e Hassan, l’uno padrone, l’altro servo, l’uno sunnita, l’altro sciita, ma amici, amici per la pelle. Si trovano ai due lati opposti della vita che, come se non bastasse, li separa anche fisicamente, costringendoli a vivere in due parti del mondo che sono agli antipodi. Uno in America, l’altro in Afghanistan. Ma è proprio qui che sta la chiave di volta dell’intero romanzo. Amir torna nei posti in cui è cresciuto per redimersi, per riscattare l’imperdonabile colpa che ha commesso da bambino nei confronti dell’amico di una vita. Una colpa di cui da vent’anni porta l’insopportabile peso. Il ritorno a Kabul è traumatico per Amir. La città dove lui e Hassan giocavano felici è solo un lontano ricordo. Per usare le parole dell’autore del romanzo: “In Afghanistan oggi esistono tanti bambini, ma non esiste più l’infanzia”.
L’ Afghanistan infatti è ormai una terra desolata dove le donne sono diventate dei corpi invisibili e i marciapiedi sono pieni di cadaveri, dove avere ancora un padre o una madre è una fortuna dopo gli stermini dei talebani, dove il silenzio surreale delle sue città-fantasma è spezzato solo dall’eco delle armi e dal cigolio dei carri armati… dove il cielo è sempre grigio perché non ci sono più gli aquiloni a colorarlo.
Ma è solo in questi luoghi che Amir può trovare riscatto per il torto commesso. Una possibilità che gli offre la vita. Chi non vorrebbe avere l’opportunità di rimediare ad un terribile errore, di tornare indietro e comportarsi diversamente. Questa possibilità Amir la coglie senza esitazioni, rischiando di perdere tutto, persino la vita stessa, ma è questo l’unico modo per riappropriarsi del passato, per affrontare le proprie paure e ritrovare se stessi.
“Il cacciatore di aquiloni” è un libro straordinario che urla forte ai suoi lettori una verità che forse in pochi conoscono. Che c’è stato un tempo in cui Kabul era una città splendida, dove i bambini non conoscevano la guerra, dove volavano gli aquiloni e i più piccoli davano loro la caccia. Dove Amir e Hassan erano amici assoluti… ed i migliori cacciatori di aquiloni che Kabul abbia mai avuto.
(Il cacciatore di aquiloni/ Khaled Hosseini/ Piemme/ pp. 394/ € 17,50)
Patrizia Andreoli