Se siete degli appassionati di cucina, non soltanto nel senso che vi piace mangiare, dovreste fare un salto al CUB – Castello Ursino Bookshop. La nostra selezione di titoli è piuttosto interessante, sia dal punto di vista pratico (come per esempio i ricettari della tradizione siciliana), sia dal punto di vista della manualistica gastronomica che, nel caso di cui vi parlo oggi, approfondisce proprio l’epoca dello “Stupor Mundi“.
Oggi parliamo, infatti, de I ricettari di Fedeico II. Dal “Meridionale” Al “Liber de coquina” di Anna Martellotti.
L’Italia tardomedievale – ci spiega la filologa (professore associato all’Università di Bari) che da tempo si interessa di gastronomia medievale (Libro delle buone vivande, Schena) con particolare attenzione ai contatti con il mondo arabo (Il liber de ferculis di Giambonino da Cremona, Schena) – nella panoramica della manualistica gastronomica, occupa un posto di rilievo. E in particolare all’opera del nostro Federico II sono attribuiti due titoli di grande importanza: Il Meridionale (datato attorno al 1240 e così intitolato perché scritto in una lingua volgare di matrice meridionale), un ricettario ben congegnato, ricco di intenti pratici, probabilmente pensato per l’uso della cucina di corte; e il Liber de coquina (redatto tra il 1240 e il 1250 in un gradevole latino parlato – il latino del tempo) che invece mostra i tratti di un ambizioso manuale di gastronomia internazionale, diciamo un manuale scientifico rivolto al mondo occidentale.
Ma come mangiavano nel Medioevo? E come mangiavano alla corte di Federico II, dove nasceva la scuola poetica siciliana e il giovane imperatore faceva da mecenate ad artisti e studiosi di tutto il mondo, importando così in Europa discipline fino a quel momento sconosciute?
Federico Ruggero degli Hohenstaufen, nato a Jesi nel 1194 sotto una sfarzosa tenda, a tavola pare sobrio (sebbene ami le feste sfarzose), misurato e salutista attento. Questo forse perché egli favorisce l’antica e gloriosa Scuola medica Salernitana per la quale, grazie alla riscoperta della scienza greca di Ippocrate e Galeno – mediate dalla tradizione araba – che affronta la dietetica come regola di salute, l’alimentazione è parte della pratica medica. Allo stesso tempo, però, Federico è un grande curioso dei cibi e delle cucine locali dei posti in cui si trova a soggiornare durante le sue campagne militari… E lui stesso si cimenta in sperimentazioni culinarie più o meno ardite. Per questo nel volume ci sono molte ricette arabe, e altre di diverse regioni italiane. Sulla sua tavola c’è brodo di mandorle, riso, salse e tantissime spezie, dallo zenzero alla noce moscata passanddo per lo zafferano e la cannella.
Cucina di corte e preparazioni gastronomiche complesse, sì… Ma anche cibi della tradizione popolare che anche grazie ai suoi manuali sono giunte fino a noi: le frappe, le chiacchiere (o come li chiamerebbe mia mamma che è veneta i galani), le lasagne. E poi tecniche di conservazione dei cibi, come l’affumicatura o quelle che ancora oggi si utilizzano per realizzare salumi e salsiccia (parola la cui etimologia è da fare risalire al composto delle parole “sale” e “ciccia” (carne).
Forse non lo userete mai per cucinare (anche perché avreste bisogno di un vocabolario latino-italiano a portata di mano), ma è curioso scoprire questa prima cultura gastronomica “italiana”, quando di Italia nel senso in cui la intendiamo oggi ancora non si poteva parlare, di cui rappresenta un interessante spaccato.
Carla
(I ricettari di Federico II. Dal “Meridionale” al “Liber de coquina” di Anna Martellotti, Leo S. Olschki editore, pag. 281, euro 29)