Ci sarebbero infiniti aggettivi (qualificativi) che ci permetterebbero di invogliarvi all’acquisto di questo romanzo: particolare, innovativo, divertente, irriverente. Ma quello che più frequentemente è tornata nei racconti-spiegazione-recensione-descrizione del romanzo in questione (fatti a mia mamma, a Mariangela, agli amici…) è – senza dubbio – stato “GENIALE“. E questo per tanti, tantissimi motivi: a partire dall’idea alla base della narrazione, per finire con l’impostazione grafica del romanzo, passando per i mille e più “rimandi” e citazioni che trovano spazio all’interno del romanzo.
Vediamo di spiegare dentro cosa ci troviamo. Quando si apre “La vendetta del traduttore” di Brice Matthieussent ci immergiamo nelle note a piè pagina (quelle che si trovano al di sotto di una linea nera che divide il testo tradotto dalle N.d.T, ossia le note del traduttore). In testa alla pagina, un ampio spazio bianco; e smarrito, in mezzo a tutto questo bianco, un asterisco; poi (giù, sotto la linea nera) le note, le giunte, le giustificazioni, le divagazioni, gli approfondimenti, le citazioni che il Traduttore aggiunge, quasi come se volesse dialogare con il lettore (ed N.d.T. diventa ogni volta acronimo di qualcosa di nuovo, originale, strano dal “Naso del Tapiro” al “Nonluogo del Tornitore”, dalla “Nassa del Trabocchetto” alla “Notte del Tritatore”).
Solo che, il Traduttore che noi leggiamo, non è affatto soddisfatto del testo che sta traducendo e quindi lo spazio delle N.d.T – pagina dopo pagina – si dilata sempre più, si apre a riflessioni sulla prosa, sulla scrittura… Noi non leggiamo il romanzo (ne percepiamo la storia da quello che il nostro Traduttore ci fa immaginare attraverso i suoi commenti e anche i suoi “testi aggiuntivi”). E la sua vendetta è proprio questa: espungere aggettivi a suo avviso inutili, come pure ridondanti metafore; aggiungere arbitrariamente interi brani evocativi (che certamente l’autore non avrebbe saputo scrivere)… E così via in un crescendo sempre più “violento” nei confronti del testo originale e che spinge sempre più in alto verso la testa della pagina quella sottile linea nera che divide i campi d’azione. Insomma, il Traduttore si impossessa sempre più del testo originale come uno spietato revisore, un vendicatore mascherato, diventando sempre più il nuovo e vero autore del romanzo sfondando la linea nera. Un vero e proprio virtuosismo letterario, un gioco paratestuale, un processo creativo infinito (generativo e non distruttivo come si potrebbe – forse – pensare), una riflessione sull’importanza della traduzione (e Brice Matthieussent è davvero un traduttore d’alto lignaggio che vanta in curriculum autori del calibro di Jack Kerouac, Charles Bukowki, Bret Easton Ellis).
A volerlo spiegare per bene, la storia si complica un po’ perché il libro che il Traduttore sta trasponendo un romanzo che si intitola proprio “N.d.T” dove David Grey (scrittore newyorchese) trascrive in inglese il romanzo di Abel Prote (scrittore francese forse – anzi decisamente – un po’ in declino).
Ma non bisogna temere di perdersi fra le divagazioni del Traduttore, intanto perché sono esse stesse esilaranti: la ferocia con la quale il Traduttore guarda (e agisce) sul romanzo per me (che ogni tanto ho amato destreggiarmi negli aggiustamenti di non poche traduzioni) sono state fonte di ispirazione… Poi perché man mano che si va avanti con la lettura sono tanti gli elementi che vengono in nostro soccorso per non farci perdere le coordinate, fino ad arrivare a un’inattesa sorpresa a pag.237 del capitolo 13.
Intelligente, colto, avvincente, particolare, irriverente, sfavillante, divertente, unico, ricco di colpi di scena e citazioni letterarie… Un perfetto gioco di specchi (come hanno scritto su Le Monde) decisamente da invidiare (come scrive la traduttrice dal francese Elena Loewenthal). In una parola? GENIALE!
(“La vendetta del Traduttore”, di Brice Mattheussient, Marsilio)
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