Vi avevo promesso un’altra recensione su un #lotrovatedacub (e adesso anche sui miei scaffali e su quelli di mia mamma) a tema mangereccio, qualche settimana fa, poi fra sito nuovo e altre storie, era rimasta da completare e rifinire. Ma finalmente, eccovela servita. Si tratta di un volume (manco a dirlo) goloso di Abscondita, intitolato La cucina futurista e curato da Guido Andrea Pautasso.
La premessa di questo post, la trovate già in quello della settimana scorsa, quindi non mi dilungherò troppo sulle riflessioni umane che ho legato a questo volume. Sta di fatto che, pur avendo studiato il movimento studiato il movimento culturale non sapevo che il fondatore del futurismo Filippo Tommaso Marinetti, nel 1930, avesse esclamato alla radio “Abbasso la pastasciutta!”.
Ora io non so se voi siate dei pastaioli come me oppure no… Ma come si fa a gridare al mondo “abbasso la pastasciutta”? No, insisto davvero, come si può? Ci rendiamo conto dell’eresia?
Il fatto è che nel 1913, con il Manifesto della cucina futurista, Marinetti – insieme allo chef Jules Maincave – si era posto l’obiettivo di rivoluzionare la gastronomia in nome della sperimentazione non convenzionale. L’intento era quello di creare una cucina rallegrante e ottimista, dinamica (per usare un aggettivo caro agli appartenenti al movimento). Non mi sento di perorare – come fecero i futuristi – l’avvento delle vivande sintetiche (anche perché si è già abbastanza avverato)… Né tantomeno credo alla diffusione delle onde nutritive, ma la concezione di piatti e vivande come tavolozze di colori, l’abolizione delle forchette per favorire “degustazioni e piaceri tattili prelabiali” invece mi hanno solleticato un sacco. E così mi sono avventurata in questa lettura che si è dimostrata interessantissima, anche perché ho scoperto cose sul Futurismo che non vengono insegnate sui banchi di scuola e che invece sarebbe interessantissimo tramandare. Anche perché uno dei concetti alla base dei manifesti della cucina futurista è profondamente vero: “Il palato umano, destinato ai piaceri raffinati della tavola, è diventato una pattumiera”, la “tattilità” della bocca è stata corrosa. Bisogna reagire a una situazione che potrebbe abbassare l’uomo al rango dei ruminanti.
Il libro è una raccolta sintetica (ma chiarificatrice) della “lista di vivande” (così i futuristi chiamavano i menu), dei manifesti teorici, delle ricette propri del movimento futurista.
Certo, nessuno di noi oggi sceglierebbe di mangiare in un luogo dove un motore a scoppio funge da sottofondo musicale, ma intendere la cucina come un laboratorio di partecipazione attiva ed emotiva alla fusione creativa dell’Arte con la vita è interessante. I documenti che compongono questa raccolta sono riprodotti nella loro forma originale (l’impostazione tipografica della loro prima edizione); le ricette appartengono al libro di F.T. Marinetti e Fillìa intitolato come il volume qui recensito.
Interessante (soprattutto per me che in questo momento mi sento la maga delle spezie e mi diverto un sacco a fare il Ratatouille della situazione che annusa la zuppa e aggiunge come in una pozione magica i profumi che vuole sentire emergere di più) tutta la parte dedicata agli aromi, intesi nel senso più lato del termine: rosa, lavanda, violetta… Come pure quella sulle bevande che affianca ai vini acqua aromatizzata ai fiori o alla frutta.
Fondamentali alcuni concetti come la Variabilità (vale a dire rompere il noiosissimo e passatista ordinamento del consumatore con sempre uguale monotonia – “dopo l’antipasto la minestra –carne – verdura – frutta” – e via libera alla massima libertà), la Forma (anche l’occhio vuole la sua parte), il Colore (ovunque, nei e sui piatti, a tavola ci vuole allegria).
Poi ho capito perché il grido di battaglia era stato “Abbasso la pastasciutta”: “La cucina non è suscettibile di novazioni perché essa ha ab origine raggiunto alcune cime supreme, alcune forme perfette che sono diventate assolute”. Ecco, dicevo io, la pastasciutta è perfetta sempre e comunque! Non lo dico solo io ma Gian Battista Vico “incomodato” da Marinetti perché fosse testimone della fissità della cucina italiana. Ora scappo che devo scolare la pasta. 🙂
(La Cucina futurista. Manifesti teorici, menu e documenti, a cura di Guido Andrea Pautasso, Abscondita, pag. 199, euro 22)