Quando ero poco più che un’adolescente, era il 1996 e frequentavo il corso di Letteratura inglese alla facoltà di Lettere e filosofia di Catania, avevo un paio di jeans elasticizzati e strappati che avevo deciso di rendere una sorta di collazione ambulante di alcune frasi – per me particolarmente significative – colte qua e là lungo le mie letture. La prima frase ad essere vergata a mano su quel paio di pantaloni che volevano essere un po’ il racconto di me in quella fase della mia vita fu “Chiudete a chiave le vostre biblioteche, se volete. Ma non c’è cancello, né serratura, né chiavistello che voi possiate mettere alla libertà del mio pensiero”. Niente di più vero, direte voi… Ma dove vuoi arrivare?
Queste sono parole del pugno e della mente di Virginia Woolf che pescai proprio in uno fra i testi obbligatori per sostenere l’esame di Letteratura inglese (non so perché fosse obbligatorio, visto che in effetti non l’ho mai visto chiedere a nessuno): “Una stanza tutta per sé“.
Mentre aspetto che i miei alunni si raccolgano davanti alla chiesa madre di Acitrezza (fra poco visiteremo la Casa del nespolo), resto seduta in macchina ad aspettare. Sul cruscotto, c’è un libro che ho recuperato qualche giorno fa insieme alla mia giacca a vento dai miei genitori. L’ho afferrato quasi senza pensarci decisa a dedicare il post di oggi a questa favola-romanzo di formazione-saggio…perché quando il signor Vittorietti me lo ha regalato attraversavo una fase che è stata davvero alleggerita da questa lettura e quindi penso che possa essere utile a qualcuno, anche solo per comprendere i meccanismi mentali e le sovrastrutture di cui siamo schiavi senza nemmeno esserne consapevoli.
“La principessa che credeva nelle favole-Come liberarsi del proprio principe azzurro” di Marcia Grad Powers è un libro che in alcuni casi può essere considerato terapeutico perché riesce a ricordarvi che ognuno di noi ha un grande potere solo che – a volte – ci dimentichiamo di averlo.
E’ passato quasi un anno da quanto ho letto questo libro, ma stamattina l’ho ripreso in mano e sono andata a spulciarmi qualcuno dei passaggi più significativi. Falli soffrire 2.0/Gli uomini preferiscono le stronze, è la versione aggiornata del fortunatissimo libro di Sherry Argov, che da cinque anni è presente nella classifica dei libri più venduti in Italia, con la Piemme, e che è stato tradotto in trenta lingue.
Io non sapevo nemmeno che questo libro esistesse, fino a quando un’amica non mi ha chiesto “lo hai letto?”, per poi decidere di regalarmelo per Natale vista la mia risposta negativa.
Quando guardate Csi pensate che sareste stati bravissimi se aveste scelto di fare medicina legale all’università? Se lo pensate o se comunque siete appassionati di indagini, criminologia e bla bla bla, allora vi dico che, negli anni, mi sono messa a caccia di quei libri che potessero dirmi qualcosa in più. Perchè? Perchè gli argomenti mi incuriosivano un sacco.
La vera fabbrica dei corpi, di Bill Bass e Jon Jefferson, (Editrice Nord), non è il titolo di un romanzo, è più un saggio che spiega come da un cadavere, ritrovato sul luogo di un delitto, si possa sapere molto di più di quello che dice solo apparentemente, ed è una storia vera, verissima!!!