“Il distacco da quella parte di sé si faceva sempre più fastidioso per Aria e le lasciava dentro una sorta di vuoto che si allargava pian piano, come una voragine nello stomaco. La ragazza si sentiva comunque prigioniera della quotidianità di quel mondo, percepiva la subordinazione, eppure non sapeva che ricondurla a quelle noiose giornate
Credo di avere un problema molto grosso e chiedo l’aiuto di chi ci segue.
Ho urgente bisogno di bei suggerimenti di libri da leggere, perché ultimamente non riesco a trovare niente che, alla fine della lettura, mi faccia esclamare “ma che figata” oppure “è già finito?” o ancora “ho la sindrome da abbandono”. Perché niente, o quasi, di quello che leggo mi entusiasma.
In un primo momento pensavo di avere chissà quale problema personale che faceva si che io non apprezzassi quello che mi capitava tra le mani, poi ne ho parlato con uno “specialista” di libri e questa persona mi ha detto che la sua caccia a libri belli è diventata sempre più difficile.
La mia pila di libri dunque stenta a scalare, perché per finirne uno ci metto molto più del previsto e nel frattempo di libri me ne vengono regalati, suggeriti, inviati via mail etc etc etc…insomma se fossi una persona scurrile e boccaccesca scrivere “sono fottuta”, ma io non sono una persona scurrile e boccaccesca e scrivo “avrò un bel lavoro da fare”…e forse mi iscriverò ad un gruppo d’ascolto 🙂
Se siete donne ditemi che il film con Jonny Depp lo avete visto. E anche se siete uomini ditemi la stessa cosa, perchè i film di Tim Burton vale sempre la pena andare a vederli.
Una precisazione. Solitamente dopo avere letto un libro resisto moltissimo alla tentazione di andare a vedere la sua trasposizione cinematografica, per paura della delusione. Molto, ma molto, raramente capita che dopo avere visto un film io vada a comprare il libro con lo stesso titolo.
Stavolta è successo, perchè comunque il libro in questione “Dark Shadows – La maledizione di Angelique” di Lara Parker è un altro modo di conoscere una storia che in molti hanno amato.
Se Oscar Wilde dichiarava con chiarezza di non leggere mai i libri che doveva recensire, per evitare di restarne influenzato… Noi Matte, invece, ne facciamo una questione di orgoglio e principio. Non si scrive niente se non ci si è davvero fatte un’idea propria. Questo si chiama senso di responsabilità, altrimenti… Perché mai dovreste leggere proprio noi e le nostre recensioni? Anche per questo motivo, entrambe le Matte non vedono l’ora di andare in vacanza, in modo da “archiviare” fra le letture “fatte” un bel po’ di titoli che possano garantirci una certa autonomia “recensente” 🙂
E siamo arrivati a questo primo lunedì di luglio con almeno due certezze che mi riguardano:
1) con questa lettura ho concluso la saga di Veronica Roth
2) con questa lettura ho messo un punto (e virgola) alla mia carriera di lettrice di saghe del genere youngadult.
Veniamo al primo punto.
In questo terzo libro ( che viene dopo Divergent ed Insurgent) la Roth affida la narrazione ad entrambi i suoi protagonisti principali: Tris e Tobias. Capitolo dopo capitolo, alternandosi o quasi, quelli che ci vengono proposti sono i due punti di vista dei giovani innamorati che, insieme ad un gruppo di amici, sono stati costretti a lasciare Chicago dopo un’insurrezione che ha messo le carte in tavola. I due, insieme a Christina, Cara, Uriah, Caleb, Peter e ad altri che abbandonano il posto dove sono cresciuti, scoprono che la città alla quale sono appartenuti, ma soprattutto il sistema delle fazioni, sono il frutto di un esperimento.
Anche in questo caso, letto il primo non potevo che finire la saga. Tra le altre cose i libri li avevo comprati tutti e tre insieme, quindi non ho dovuto fare troppo sforzo.
Al momento in cui scrivo sono quasi in dirittura d’arrivo anche con l’ultimo libro della Roth, ma sono certa di una cosa: per un po’ basta saghe per young adult.
Divergent ve lo avevo raccontato qualche settimana fa, quello di oggi invece si intitola Insurgent, sempre in italia con la De Agostini, ed è il secondo capitolo delle avventure di Tris, di Tobias e dei loro amici.
Qualche settimana fa Gabriele e Shona mi hanno proposto di andare al cinema a vedere un film in lingua originale. Faccio una breve digressione per dire che è stata una bella iniziativa durata tutto l’anno, ma che mi sembra momentaneamente sospesa ed è un peccato.
Cmq il film che avremmo dovuto vedere insieme era Divergent. Di che parlava? Non ne avevo idea, immaginavo solamente che si trattasse di qualcosa di fantascientifico ambientato in qualche secolo di quelli che devono ancora venire.
Non appena il film è iniziato ho fatto la mia prima “malacumpassa” e, dall’altro della mia saccenza, ho detto a Shona, che mi sedeva vicino, “ah è ambientato a New York, si capisce dai grattacieli”. Lei carina mi ha detto “Veramente a me sembra Chicago, ma comunque stai tranquilla, le città americane sembrano tutte uguali dall’alto”. Io mi sarei fatta un pernacchio 🙂
Il mio girovagare sui Social Network mi fa fare belle scoperte che hanno a che fare con i libri.
Qualche tempo fa mi sono imbattuta in un tweet dove veniva citato “A volte ritorno” di John Niven (Einaudi) e mi sono incuriosita immediatamente. Ho aperto un’altra finestra del mio browser e ho cominciato a cercare di che cosa si trattasse. Neanche dieci secondi dopo avevo inserito il titolo del libro nella mia “wish list” e qualche giorno dopo il libro l’ho comprato.
Parto dalla trama e poi aggiungo le mie considerazioni, però prima vi dico che nella sua versione inglese il titolo è The second coming.
Pensate a Dio che, dopo secoli di duro lavoro, ad un certo punto decide di prendersi una settimana di vacanza, mettete poi che un giorno di Paradiso equivale a circa cinquant’anni di vita sulla Terra, il risultato è che in quei pochi secoli gli umani possono “combinare” cose disastrose, soprattutto se c’è Satana che ci mette il suo zampino.
Questo libro l’ho letto nei seguenti posti:
– in bagno (non amo leggere in questo luogo ma è capitato, sì)
– seduta davanti al mare di Aci Castello con un bel cappuccino per amico
– in macchina (aspettavo una persona che mi ha fatto attendere e per fortuna ero attrezzata)
– in ufficio (una pausa pranzo in solitaria è meno solitaria se hai un libro in mano)
– sul divano di casa
– a letto
Detta così sembra che io ci sia stata due mesi a finirlo, invece tutto questo è avvenuto in tre o quattro giorni, niente di più.