I “NO” che aiutano a crescere è un libro di Asha Phillips che ho letto per affrontare la fase dei “Terribili Due” che sta attraversando mio figlio Tito (che ha anticipato di parecchi mesi questo periodo di transizione… che – purtroppo – durerà per almeno un altro anno ancora).
I “Terribili due” sono una fase di crescita normalissima, una fra le tappe evolutive obbligate nel percorso che conduce all’indipendenza. Di fatto è il momento in cui il vostro cucciolo comincia a comprendere di essere un individuo a sé stante, indipendente dalla madre: una presa di coscienza fondamentale durante la quale comincia ad affermare la propria personalità e cerca di realizzare i propri desideri. Solo che la questione, per i genitori, non è per nulla facile da attraversare. E’ la fase in cui (qualunque cosa si dica o si proponga al cucciolo, si faccia con il proprio bambino) i genitori ricevono perentori NO, seguiti da capricci, crisi di pianto inconsolabili… vere e proprie “lotte di potere” a volte difficilissime da gestire. NO alla pappa, NO alla ninna, NO al vestito che gli si sta facendo indossare, NO se si deve andare da qualche parte, NO quando si deve tornare a casa, NO per andare all’asilo, NO per andare via dall’asilo… insomma una continua dimostrazione di indipendenza, autonomia e auto-affermazione… Tutte cose normali (anzi, non solo normali, ma anche fondamentali, perché questa fase è una specie di palestra in cui il bambino impara anche a gestire la frustrazione e a controllare la rabbia) che però fanno arrabbiare e avvilire i genitori. Quindi, un libro può essere d’aiuto per sopravvivere a questa fase.
I “NO” che aiutano a crescere non si dedica solo a questa fase, ma in generale insegna ai genitori come gestire il disagio che molto spesso nasce invece dalla loro incapacità di dire di NO, perché accondiscendere, accontentare, fingere che si possa soprassedere su alcune questioni molto spesso è più facile del negare o del vietare qualcosa. Asha Phillips insegna proprio questo attraverso lo studio di una serie di casi studiati in qualità di psicoterapeuta, insegna in quali circostanze un No può essere molto più efficace, positivo e formativo di un Sì. Perché non sapere negare può avere conseguenze negative sulla relazione tra genitori e figli e sullo sviluppo della personalità dei bambini. Il genitore che dice sempre sì, pensando di risparmiare sofferenze, in realtà lo priva di un’occasione per imparare a costruirsi gli strumenti (anche emotivi) che sono necessari per fronteggiare le difficoltà.
Una lettura piacevole e interessante non solo per tecnici e specialisti, ma anche per i genitori in difficoltà che ricevono gli strumenti per mettere a fuoco il loro problema e superarlo. Per quanto riguarda i “Terribili due” io ho capito che questa fase così faticosa ha bisogno però di qualche indicazione pratica.
Le regole per esempio, devono essere poche e chiare (altrimenti il bambino si confonde): non si può sommergere un bambino di divieti perché altrimenti non imparerà a distinguere le questioni fondamentali da quelle meno rilevanti. Davanti a quello che si ritiene imprescindibile, il NO deve essere fermo e deciso. Non si può fare marcia indietro. Io ho deciso di ridurre i miei No più secchi alle questioni di sicurezza (non si gioca con le prese elettriche, non ci si arrampica sulla parete attrezzata, in macchina si viaggia sul seggiolino) e su quelli che sono i suoi impegni per la giornata (andare all’asilo, fare il bagno, lavarsi i denti, mangiare la pappa, andare a nanna). Negli altri casi il consiglio è utilizzare frasi come non è possibile, anche se mi dispiace.
Si possono offrire DUE alternative (non di più altrimenti rischiate la follia): vuoi la pastina oppure la frittata? In questo modo il bambino può scegliere e affermare la propria autonomia con consapevolezza e determinazione, ma anche attraverso la cooperazione con il genitore
Si deve rimproverare il comportamento e non il bambino e incoraggiare i suoi comportamenti positivi, che è molto meglio che ammonire e/o punire (anche se a volte qualche punizione ci sta, io su suggerimento dell’asilo li chiamo “momenti di riflessione”). A questa fase devono seguire le “scuse” che possono essere anche abbracci, baci e carezze; i genitori possono dire qualcosa tipo mi prometti che non lo farai più? mentre coccolano il cucciolo che in questo modo riconquista la sicurezza che gli è necessaria.
Bisogna lasciare spazio, nei limiti della sicurezza. Bisogna guidare senza esagerare, fornendo aiuto quando richiesto e desiderato, ma senza ostacolare la scoperta e l’esperienza autonoma. E’ necessario imparare a restare calmi di fronte alla collera del proprio figlio con fermezza e decisione: in questo modo il bambino si tranquillizza perché impara che qualcuno agisce per il suo bene anche se in quel momento quella cosa gli sembra sgradevole.
Alcuni NO, io ho imparato a dirli molto presto. Sono fasi che ho già superato, ma sono fondamentali per sopravvivere alla prima fase genitoriale. Non si può dormire sempre in braccio alla mamma (la culla è un posto bellissimo e accogliente, se si prende in braccio un neonato appena comincia a piangere si rafforzerà in lui l’idea che solo le braccia della mamma sono un posto sicuro); Non ha sempre fame (prima di allattare un neonato, si deve cercare di offrire conforto in altro modo, altrimenti il cibo sarà interpretato come unica fonte di conforto; Non dargli subito quello che vuole (altrimenti il messaggio è che l’attesa gli fa del male).
Invece non sono ancora riuscita a risolvere la questione del lettone (non più tutte le notti nel lettone) da un lato perché non mi dispiace che stia nel lettone dall’altro perché continua a essere una comodità riuscire a dormire un po’ di più, e poi perché condivido l’idea centrale del co-sleeping… chi non la pensa come me, però, sostiene che non dormire da soli nel letto non consenta di diventare autonomo e di elaborare strategie per cavarsela da solo. Ci lavorerò.
Carla Panza
(I NO che aiutano a crescere di Asha Phillips, Felitrinelli, pag. 224, euro 7)